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Morti o più vivi di noi?

crisantemoQuando parliamo dei morti, diamo quasi per scontato che le persone a cui ci riferiamo non esistano più o almeno non ci sono più come c’erano quando vivevano con noi.

La convinzione è tanto radicata, che ci sentiamo in diritto anche di esprimere una nostra strana compassione; e, infatti, diciamo senza batter ciglio: “I poveri morti”, come se si trattasse di sventurati che son usciti dal novero dei viventi. Bisognerà ammetterlo: i nostri morti sono più vivi di noi.

Anzi, sono vivi nella maniera più profonda e definitiva, dal momento che già hanno varcato la soglia dell’aldilà – della morte – e sono approdati alla riva del definitivo e del totale. Mentre noi siamo ancora nella provvisorietà, nella fragilità. “I nostri cari morti”, dovremmo dire: i nostri a cui il Signore ha dato o promesso la perfezione della gioia e della gloria. Non li vediamo più. E, dunque, sono lontani ? Manco per sogno. Il tempo e lo spazio, di là, sono realtà misteriose che permettono una contemporaneità con noi e una vicinanza inimmaginabile a noi: non li vediamo perché ci sono troppo vicini.

E possiamo parlar loro. E possiamo invocarli perché ci aiutino, dal momento che già sono in Dio o si stanno preparando a essere in Dio nel quale ci osservano, ci seguono, ci soccorrono. E possiamo aiutarli, se ancora sono nella vigilia della beatitudine. Il sipario che divide l’aldilà dall’aldiquà, è fatto di agonia, ma permette di comunicare con chi sta nella dimensione di Cristo risorto. Non è vero che il Paradiso consiste esattamente nel Signore Gesù glorioso? Se così è, noi possiamo essere uniti ai nostri morti in una maniera arcana e realissima. Non solo. I nostri morti ci accompagnano e ci sorreggono al punto che con loro possiamo instaurare una conversazione che assomiglia molto alla preghiera.

Un ultimo tocco. Per quanto strana possa apparire la cosa, i morti che hanno vissuto con noi ci collegano in modo stretto con l’aldilà; anzi,permettono a noi di essere già nell’aldilà in una maniera che non riusciamo a tradurre pienamente. Infatti, presso Dio vanno persone che ci hanno conosciuto, e presso Dio portano il ricordo affettuoso e cocente di noi. Nemmeno abbiamo bisogno di importunarli perché essi si ricordino e preghino per noi. Se anche li abbiamo offesi e trascurati nella vita terrena, essi ci hanno perdonato: in Dio ci ritrovano come persone care, con le nostre miserie di cui pure abbiamo invocato perdono al Signore. Qualcosa di nostro è già di là: nella mente e nel cuore di Maria, di Giuseppe, degli Apostoli … della mamma, del papà, dei fratelli che ci aspettano e ci tendono la mano.

 

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