Ufficio Inventariazione Beni Artistici

Statua di San Rocco

SAN ROCCO (XIV sec. – pellegrino – canonizzato nel 1629 – festa 16 agosto)

Il caso di San Rocco è uno dei più paradossali nella storia della santità cristiana: da una parte ci si trova di fronte ad un Santo largamente venerato in tutto il mondo cristiano dalla fine del Medioevo (Europa occidentale) e in età moderna (America centrale e meridionale), canonizzato da Urbano VIII nel 1629, quando già centinaia di chiese e di oratori gli erano stati dedicati; dall’altra bisogna ammettere che non si conosce nulla di preciso su questo personaggio, non il luogo di nascita e di morte, ma neppure le esatte coordinate cronologiche della sua vita.
Secondo la sua biografia più antica, conosciuta con il nome di Acta Breviora e composta in Lombardia verso il 1430, Rocco sarebbe nato a Montpellier da genitori di condizioni agiate ma addolorati per non riuscire ad avere figli. Rimasto presto orfano, vendette tutti i suoi beni distribuendone il ricavato ai poveri e partì in pellegrinaggio per Roma. Lungo il cammino si fermò in un ospizio ad Acquapendente, dove si pose al servizio dei malati colpiti dalla peste, operando fra di loro guarigioni miracolose. Scacciato dall’ospizio, raggiunse Roma, dove risanò il nipote di un Cardinale, il quale lo avrebbe poi presentato al Papa. Circa tre anni dopo intraprese il viaggio di ritorno, ma arrivato nei pressi di Piacenza si accorse di aver egli stesso contratto la peste; si ritirò allora in un bosco nei dintorni della città dove veniva nutrito da un cane che andava a rubare il pane nelle case dei dintorni. Lo strano comportamento dell’animale fu notato da un patrizio della città, che lo seguì nel bosco e scoprì Rocco. Quell’uomo caritatevole, di nome Gottardo Pollastrelli, lo accolse presso di sé e lo curò. Qualche tempo dopo un angelo apparve all’ammalato e lo guarì misteriosamente. Lasciata Piacenza per tornare al paese natale, Rocco fu arrestato ad Angera, sulle rive del Lago Maggiore, e rinchiuso come spia in prigione, dove morì cinque anni dopo. I prodigi che circondarono il suo corpo attirarono l’attenzione su di lui, ed in seguito si scoprì che Rocco era il nipote del governatore della fortezza. I suoi resti furono allora solennemente sepolti in una chiesa, il cui nome non viene però indicato.
Tutte le successive biografie dipendono da questo racconto, che costituisce un vero “patchwork” di temi agiografici, ad eccezione di quella composta nel 1478 dal veneziano Francesco Diedo, governatore di Brescia, che lo fa vivere tra il 1295 ed il 1327 – particolare che esclude che Rocco abbia potuto incontrare il Papa a Roma – e racconta che il Santo nel 1414 avrebbe operato un miracolo a Costanza, dove su suggerimento di un Cardinale una sua immagine dipinta trasportata da Piacenza avrebbe posto fine all’epidemia di peste che aveva colpito la città: dopo di ciò la sua Santità sarebbe stata riconosciuta dal Concilio. Ma l’episodio non è attestato da nessun’altra fonte e appare poco verosimile. All’inizio del XVI sec. un Vescovo francese, Giovanni Pin, pubblicò una Vita di San Rocco (1516) nella quale viene affermato che Rocco sarebbe stato canonizzato da un Papa di Avignone, Clemente VII o Benedetto XIII, ma la documentazione pontificia non conferma la notizia.
Se non si accettano le date indicate dal Diedo, occorre collocare più avanti, nel XIV sec., quelle in cui sarebbe vissuto il servo di Dio. Vi sono dunque due tesi contrapposte su questo problema. 1) Secondo A. Maurino, Rocco sarebbe vissuto tra il 1346 e il 1376, cronologia che farebbe coincidere il suo soggiorno a Roma con il ritorno di Urbano V in quella città (1376-1370); il Cardinale di cui parla la Vita anonima sarebbe allora Angelico de Grimoard, fratello del Papa e legato in Lombardia. Quanto alla biografia anonima, essa sarebbe stata composta da Gottardo Pollastrelli, amico e discepolo del Santo, e questo spiegherebbe l’ampiezza riservata ai fatti avvenuti a Piacenza e l’imprecisione per quanto si riferisce a Montpellier. 2) Per il francese A. Fliche, invece, sarebbe meglio collocare la vita del Santo tra il 1350 e il 1378-1379. Rocco sarebbe stato legato al potente casato dei Rog, che ricoprì importanti incarichi pubblici a Montpellier nel XIII e XIV sec. Questo cognome, che era quello di una famiglia della Linguadoca, sarebbe stato scambiato in Italia per un nome di battesimo. Ma l’ipotesi appare debole, poiché nell’onomastica italiana Rochus esisteva già come nome personale prima del XIV sec. E’ dunque difficile decidere tra le due ipotesi, e bisogna limitarsi a dire che Rocco fu un pellegrino originario della Linguadoca che nel secondo terzo del XIV sec. si recò in Italia, dove contrasse la peste, ne guarì e morì in odore di santità.
E’ difficile anche seguire con sicurezza le vicissitudini delle sue reliquie: da Angera, dove Rocco sarebbe morto, esse sarebbero passate a Voghera, da dove i veneziani, dopo essersene impadroniti nel 1485, le trasportarono con grande solennità nella loro città. Gli storici della Linguadoca affermano invece che il Santo sarebbe tornato a morire a Montpellier – dove è venerato ancor oggi un “pozzo di San Rocco” nel cortile di un’antica abitazione – e sarebbe stato sepolto in una cappella della chiesa dei Domenicani. Ma già alla fine del XIV sec. la città non possedeva più le sue reliquie, sottratte nel 1399 dal maresciallo de Boucicaut e da questi deposte nella chiesa dei Trinitari di Arles, che fu uno dei principali centri di culto di San Rocco fino al XVII sec. Un secondo centro fu Venezia, dove nel 1477 nella chiesa di S. Giuliano fu istituita sotto il suo patronato una confraternita i cui membri si flagellavano pubblicamente e prestavano negli ospedali opera di assistenza agli appestati. Questa “ Scuola di San Rocco” fu approvata nel 1480 dal Consiglio dei Dieci. Varie chiese furono ben presto costruite in suo onore a Venezia e in terraferma (Mestre, Vicenza, ecc.). In seguito si fece di San Rocco un pio laico membro del Terz’ordine francescano oppure domenicano. La cosa pare poco verosimile, ma è certo che nella sua pur leggendaria biografia si ritrova l’espressione di una spiritualità evangelica e penitenziale segnata dal pellegrinaggio, dall’eremitismo, dalla povertà volontaria, dal servizio ai malati e da un certo distacco di fronte alla Chiesa istituzionale, i cui rappresentanti svolgono nel racconto solo un ruolo secondario. La narrazione della vita è caratterizzata da un radicale Cristocentrismo – Rocco nasce con il segno della croce sulla spalla – ed essa sottolinea come il Santo sia stato imitatore del Cristo sofferente, cercando di alleviare i mali dei più diseredati, anche a rischio di perdere la sua stessa vita.
A proposito della diffusione del culto di San Rocco, va notata l’esistenza di due centri di devozione dai quali la fama del taumaturgo sembra essersi estesa a tutta la cristianità: la Francia meridionale, dove le prime attestazioni del culto risalgono all’inizio del XV sec. e l’Italia settentrionale, da Piacenza a Brescia a Venezia, da dove il culto del Santo raggiunse la Germania meridionale, i Paesi Bassi e l’Europa centro-orientale. Nel 1499 Papa Alessandro VI autorizzò l’istituzione a Roma di una confraternita sotto il patronato di San Rocco, la quale costruì un ospizio presso il porto fluviale di Ripetta e svolse un ruolo particolarmente attivo durante le epidemie di peste che colpirono la città nel 1522, 1527 e 1530, accogliendo e curando gli ammalati, per i quali nel 1560 fu aperto un lazzaretto ai piedi di Monte Mario. Ancora oggi in Italia ventotto paesi e trentasei frazioni portano il nome del Santo, al quale sono dedicate circa tremila chiese, cappelle e oratori. A Parigi nel 1653 gli fu intitolata una grande chiesa non lontano dal Louvre; il suo culto ha lasciato inoltre tracce particolarmente importanti in Normandia, nel Massiccio centrale e nelle regioni sud-occidentali della Francia.
L’affermazione del culto di San Rocco è indubbiamente legata al suo ruolo di efficace protettore contro la peste, ruolo in cui egli fece subito concorrenza agli intercessori tradizionali, ai quali fu ben presto associato nelle raffigurazioni iconografiche. La mentalità medievale amava molto queste associazioni di Santi, dalle quali speravano un intervento più efficace di quello di un singolo protettore. Così Rocco fu spesso rappresentato dagli artisti, su richiesta del Clero e dei fedeli, assieme a San Sebastiano, fino ad allora il principale protettore degli appestati, poiché le piaghe prodotte dalla malattia evocavano le ferite delle frecce con le quali quel Santo era stato trafitto dai suoi carnefici. Infatti le epidemie di peste erano solitamente paragonate dai predicatori e dagli agiografi a dardi avvelenati scagliati da Dio contro l’umanità, i cui abominevoli peccati avevano suscitato la collera divina. Nella Francia settentrionale Rocco fu a volte associato a Sant’Adriano, ritenuto protettore contro la morte improvvisa, e nel sud della Francia a Sant’Antonio, patrono dell’Ordine degli Antoniani, che curavano gli infermi colpiti da malattie nervose degenerative, oppure ai Santi medici Cosma e Damiano. Ma alla fine del XV sec. Rocco sostituì nella maggior parte dei casi tutti gli altri protettori contro la peste e fu sempre più raffigurato da solo, in particolar modo nei dipinti, tanto era normale e abituale ricorrere a lui nei casi di pestilenza. Il potere attribuito a Rocco nasceva dal fatto che il Santo stesso era stato colpito da quel male e poi ne era guarito.
Rocco veniva generalmente rappresentato come un giovane, rivestito dell’abito e dei segni del pellegrino ( largo cappello, bastone, calzari da viaggio) in atto di mostrare sulla gamba destra o sinistra un bubbone di forma rotonda o ovale segnato da una piaga che simboleggiava sia la ferita prodotta da una freccia –simbolo della peste – sia l’incisione praticata dal chirurgo nel tentativo di sanarla. In età moderna questo realismo andò attenuandosi e la piaga venne generalmente nascosta da una benda. Accanto al Santo compare a volte un angelo, consolatore del malato o apportatore della guarigione, e un cane accovacciato che tiene in bocca il pane sottratto per nutrire il pellegrino nascosto nei boschi. A partire dal XVI sec. appaiono veri cicli dipinti (come quello del Tintoretto alla “Scuola di San Rocco”, Venezia 1549) o intere vetrate (come quella di St. Étienne d’Elbeuf in Normandia) raffiguranti i principali episodi della leggenda di San Rocco. Tra le scene più frequentemente rappresentate vi è quella della distribuzione dei beni ai poveri, della malattia e dell’isolamento nella foresta, oppure della prigionia del Santo pellegrino e della visita dell’angelo. Nell’arte tedesca fu soprattutto la guarigione degli appestati il tema preferito dagli artisti, che rappresentarono spesso il Santo mentre visita gli ammalati in un ospedale.
A partire dal XV sec. il nome di Rocco appare tra quelli dei quattordici Santi ausiliatori come protettore contro la peste. In epoca moderna sorsero Santuari di pellegrinaggio in cui i fedeli venivano a implorarlo: vanno ricordati quello di Rochusberg presso Bingen in Renania e quelli di Anversa e di Huy in Belgio. La progressiva scomparsa della peste in Occidente a partire dal XVII sec. produsse un’evoluzione del ruolo di San Rocco. Dal 1830 fu invocato contro il colera (Montpellier 1834, Roma 1837) e, nelle campagne, contro certe malattie del bestiame indicate sotto il nome di peste (equina, bovina, suina), ma che non avevano nulla a che vedere con quel morbo. Nella Francia centrale, nel dipartimento di Corrèze, durante la festa di San Rocco il celebrante benedice una manciata di “erbe della peste” che, appese alla porta delle stalle, le proteggono dalle epidemie di epizoozia. La sua protezione si estese anche alla vigna e fu invocata nella Francia del sud nella seconda metà del XIX sec. al tempo delle grandi crisi causate dalla filossera. Così il pellegrino di Montpellier, il cui culto era nato nelle città, finì per diventare in età contemporanea il Santo Patrono dei lavoratori della terra.

A. Vauchez (da “IL GRANDE LIBRO DEI SANTI” – dizionario enciclopedico – ed. San Paolo pag. 1213)