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Sulle vie di Dio

Confessione_3

Da ‘il Settimanale della Diocesi di Como’ n. 17 del 30 aprile 2016    Articolo di don Angelo Riva

Bravo prete, don Giulio.
Comprensivo con tutti, ma senza dimenticare che la prima carità è la verità: se no anche la misericordia diventa inganno e bugia. Attaccato alla sana dottrina, ma ricordando che il sabato è per l’uomo, non il contrario.
E’ molto umano – dicono di lui – ma lui resta consapevole che solo Cristo rivela fino in fondo che cosa sia davvero “umano”. Don Giulio sa che gli insegnamenti della Chiesa non sono pietre da scagliare addosso alla gente. Però neanche cose inconsistenti come la sabbia, o volatili come la polvere. La dottrina è roccia, luce, verità. E’ uomo di Chiesa, don Giulio: ma della Chiesa “madre” (maestra proprio e solo perché madre). Non matrigna, non governante, non poliziotta. La Chiesa che conosce la fragilità dei suoi figli. D’altronde neanche lui vive su Marte! La povertà dell’amore, insieme alla sua grande bellezza, l’ ha vista nei suoi genitori, ormai anziani. La moda pagana del tempo ha bussato alla porta anche della sua famiglia, in quel nipote che non ha voluto sentire storie, ed è andato a convivere. Anche la lama affilata della divisione è penetrata fra le mura di casa sua, con una sorella che ha sofferto un doloroso divorzio e poi si è rifatta una vita con un altro uomo. Sorride, don Giulio, quando gli dicono “tu sei un prete, non sai come va il mondo”. Lo sa, lo sa, eccome lo sa. Ma tiene fisso lo sguardo al cielo, mentre si china sulla terra…

Ieri don Giulio ha incontrato Marisa. Un po’ frastornata. Ha sentito alla televisione che il Papa darà la comunione ai divorziati risposati. Non accampava diritti, Marisa, né doglianze o recriminazioni. Non voleva fare la figura degli operai della prima ora (Mt 20) o del fratello maggiore della parabola (Lc 15), che non hanno capito niente del cuore di Dio. Però si domandava se per caso non fosse stata un po’ stupida, lei, a tirare avanti da sola la carretta, crescendo due figli fra enormi sacrifici, dopo un divorzio ingiustamente subito. Eppure la vita le aveva fatto incrociare altri uomini. Con uno, in particolare, ci aveva proprio preso, per quel senso di solidità e di dolcezza che sapeva comunicarle. E gli sorrideva l’idea di non ritrovarsi più sola, a fine mese, a dover pagare la bolletta della luce e del gas. Ma poi, alla fine, aveva lasciato cadere ogni avances, perché le avevano insegnato che il matrimonio è unico ed indissolubile, e bisogna sforzarsi di passare per la porta stretta. “Allora, don Giulio, sono stata sciocca, avrei dovuto essere anch’io un po’ più furba?”. “No” gli ha risposto lui. “Tu hai dato una testimonianza eroica al valore del matrimonio cristiano, e la Chiesa per questo ti è enormemente riconoscente. La vita ti ha chiamato con una grazia drammatica e lacerante, e tu hai saputo rispondere con grande fede. Perciò sei nel cuore di Dio, prediletta come lo sono i poveri che hanno saputo portare la loro croce. Ma penso che puoi comprendere il cuore materno della Chiesa, che ritiene oggi di non poter abbandonare alcuni suoi figli meno forti di te, e cerca di andare loro incontro, anche se nella loro vita hanno fatto scelte diverse dalla tua”…

Oggi don Giulio incontra Antonio. Anche lui ha sentito del Papa alla televisione, e chiede cosa fare. Antonio, appena trasferitosi nella parrocchia di don Giulio, vive quella che si dice una “nuova unione”. La prima – quella ‘regolare’ – è naufragata quasi subito. Troppo giovani, molto inconsapevoli, e la fede, a quel tempo, era per entrambi poco più che un dettaglio. In questi anni Antonio, riconoscendosi ‘irregolare’, andava a Messa, ma si è sempre astenuto dal fare la comunione. Con grande sofferenza, anche: come il giorno del funerale del papà, o quello della prima comunione del figlio. Anche perché, nel frattempo, grazie all’incontro con Francesca, la nuova compagna dalla quale ha avuto tre figli, Antonio ha riscoperto la fede, e ora sa e apprezza il valore enorme della comunione sacramentale. Antonio oggi è un buon cristiano. Intendiamoci, non passa le notti in preghiera, però va a Messa, prega, collabora in parrocchia, vuol bene a Francesca, educa i suoi figli, lavora onestamente e fa un po’ di carità. Niente di meno (ma anche niente di più) di ciò che farebbe un buon cristiano. Don Giulio lo ascolta pensoso. Per prima cosa constata l’assenza, in Antonio, di ogni sicumera, tracotanza, arroganza. Antonio non accampa diritti, non è venuto lì a questuare il diritto di tornare a fare la comunione, quasi ci fosse da esigere il condono di un abuso edilizio. E’ umile, si rimette al giudizio della Chiesa. E’ consapevole che la sua situazione matrimoniale si discosta dall’ideale cristiano, e non pretende di mettere i suoi desideri al di sopra del bene comune della Chiesa. Questo rassicura don Giulio: sa che Antonio, anche riammesso alla comunione, manterrà riservatezza e discrezione, non andrà in giro a sbandierare vittorie, e sabotare così la dottrina cristiana del matrimonio. Certo che, però, la rottura del legame matrimoniale rappresenta un peccato grave. Don Giulio gli chiede se è pentito di averla causata. Se ha provveduto secondo giustizia alla sorte della ex-moglie. Se si rende conto delle sofferenze e della confusione provocate e della contro-testimonianza all’indissolubilità matrimoniale che la nuova unione continua a dare, soprattutto ai più giovani. Antonio abbassa gli occhi. Chiede cosa può fare per riparare a quello che in gergo si chiama uno “scandalo”. Fosse anche un’opera penitenziale, da ripetersi stabilmente (visto che stabile è l’irregolarità della sua situazione), magari – che so – in Quaresima. Adesso è don Giulio che abbassa gli occhi. Sente tutta la fatica di un discernimento, e il rischio di essere annoverato fra quei farisei del Vangelo che pongono pesi sulle spalle della gente che loro non toccano neanche con un dito. Dentro di sé riepiloga: Antonio è un buon cristiano, corretto è il suo atteggiamento verso la Chiesa, è pentito dei suoi errori e disposto a riparare nel limite del possibile. Soprattutto, però, c’è un fatto: ad Antonio non si può chiedere di rompere il nuovo legame, tornare indietro, lasciare Francesca e i bambini, pur di tornare ‘regolare’. Si aggiungerebbe male a male. Forse allora non è vero che l’unica via percorribile, per lui, sia di astenersi dalla comunione “sacramentale” e di fare solo quella “spirituale”. Non può forse la misericordia di Dio aprirsi un’altra vita, nella steppa dei destini umani? Don Giulio aggrotta la fronte ed emette un sospiro. Non risponderà subito. Aspetterà di confrontarsi con suo Vescovo, e con i suoi confratelli, per una linea comune e condivisa. Ma il desiderio è grande, di poter alzare quella mano e distenderla nel gesto dell’assoluzione, che riaccoglie un figlio nella casa paterna..

 

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