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Serene lezioni di laicità

pollice suIn quest’Italia che ha preso a dare troppo credito a malpensanti e malelingue c’è stato bisogno di un saggio collegio di supremi giudici amministrativi per ribadire – dopo una piccola e aspra baraonda di ricorsi e sentenze di Tar – che una benedizione cristiana data a scuola per tutti, condivisa da chi lo desidera e a nessuno imposta non è un insulto e tantomeno una violenza o una sopraffazione e neanche lontanamente una ferita alla libertà altrui. Una vera benedizione, del resto, è quello che la parola dice: bene-dire, dire il bene. E soprattutto chi crede in Dio la impartisce e la riceve con umiltà. Colpisce che sia dovuta echeggiare in una sede giudiziaria questa serena e lineare lezione sulla “laicità inclusiva”, che pure è frutto di una grande e diffusa cultura italiana, lievitata nei secoli coniugando umano rispetto, civile accoglienza e identità cattolica. Troppi in diverso modo continuano a dimenticare le basi stesse della “nostra” antica e buona arte del vivere assieme. Forse questa riconfermata legittimità di un libero bene-dire può aiutarci a ricordare. Le benedizioni pasquali non sono le uniche manifestazioni religiose finite nel mirino dell’offensiva laicista. A cadenza annuale, riesplodono le polemiche legate all’esposizione dei presepi nelle scuole, oppure si levano voci per la rimozione dei crocifissi negli uffici pubblici, come scuole, ospedali e tribunali. Proprio sulla preparazione dei presepi scolastici, dalla laica Francia arriva una vera e propria lezione alle nostre istituzioni. Lo scorso ottobre, il Consiglio di Stato di Parigi ha sopito polemiche e strumentalizzazioni politiche, stabilendo che «il presepio nei luoghi pubblici non viola il principio di laicità» dello Stato. Tre le condizioni essenziali: la temporaneità dell’allestimento, l’assenza di finalità di proselitismo e la cornice culturale o di festa dentro cui collocare la manifestazione.
(da ‘Avvenire’)

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