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Animalismo

animalismoIn alcuni libri di scuola dura ancora dopo duemila anni l’inevitabile ironia sull’imperatore Caligola che nominò il proprio cavallo membro del senato romano. E’ noto che così fece non tanto per esaltare l’illustre quadrupede, ovviamente ignaro di tanto onore, quanto piuttosto per avvilire ulteriormente un’istituzione già in piena decadenza. Non a caso, infatti, l’episodio viene riportato come il sintomo di un mondo in declino. Ma se è così, ben più decadente è il nostro mondo nel quale si è operato addirittura un capovolgimento della gerarchia di valore tra l’uomo e l’animale. E’ sotto gli occhi di tutti l’esasperata attenzione e cura riservata ai soli cani e gatti: in Italia sono circa 15 milioni. E che dire della propaganda per i loro cibi sempre più ricercati ! Qualcuno potrebbe pensare che l’argomento in questione attenga solo al buon senso. Certamente dovrebbe essere anzitutto una questione di buon senso e come tale potrebbe essere risolta. Esiste una differenza sostanziale tra il valore dell’essere umano e il valore degli animali e della natura in generale. Qualunque uomo, sia esso un bambino appena concepito o un anziano invalido vale, da solo, più di tutto il regno animale, vegetale e minerale – come si diceva a scuola una volta – messi insieme; basterebbe poi aggiungere che, ciò precisato, l’uomo, proprio per amore di se stesso e dei propri simili, non può e non deve strapazzare il mondo di cui è padrone e custode, come nessuno che abbia a cuore la propria famiglia manda in rovina la casa in cui abita. La visione oggi dominante però sta rovesciando questi parametri. C’è la posizione ecologista che attua una legittima critica allo sfruttamento incosciente che, dall’epoca dell’industrializzazione in poi, ha colpito la natura; insiste poi su una comprensibile e, sino ad un certo punto, condivisibile preoccupazione per la tutela dell’ambiente; purtroppo da qui si scivola facilmente in una nuova visione del mondo: l’equiparazione di valore tra l’uomo e la natura, in particolare gli animali; da qui poi non di rado si passa addirittura ad una inversione di precedenza: prima la natura, l’ecosistema, la ‘madre’ Terra, e poi l’uomo. Stiamo esagerando? Niente affatto: da alcuni decenni si è venuto formando un movimento culturale e politico la cui base ideologica è precisamente questa: il bene della natura deve essere salvaguardato non in vista del bene dell’uomo, ma per se stesso; il bene della natura trascende il bene dell’uomo: la natura è per sé una realtà sacra, nella quale l’uomo è un intruso nocivo, un profanatore. Ecco il salto di qualità di cui dicevamo: in questa visione non si tratta più di difendere la natura per tutelare l’uomo, ma piuttosto di difendere la natura contro l’uomo. Abolita così una gerarchia di valore, la vita dell’uomo vale come quella di un gatto o di una pianta, e poiché questi ultimi sono indifesi, vanno più tutelati; alla fine il più grande nemico del mondo è l’uomo.

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